Poche parole, ma di spessore, a volte non servono libri per trasmettere in maniera cristallina un messaggio.
Riconosciamo in Silvio Messana un compositore che sente nella natura le note ed ogni singola pausa, e poi, te le riesce a trasmettere in un bicchiere.
In questa intervista vengono accennati alcuni aspetti di Silvio Messana, titolare dell’azienda agricola Montesecondo, un uomo che sta dando uno stile al vino territoriale, fresco e bevibile, nonostante provenga da San Casciano in Val di Pesa, una delle zone più calde della DOCG Chianti Classico. Per Silvio Messana Chianti Classico si traduce in un solo vino, ma Montesecondo è molto di più, vengono oggi prodotti altri quattro vini con denominazione IGT che in realtà sono per Silvio Messana il cuore della propria produzione: Il Montesecondo, Il Rospo, il Tin Trebbiano, Il Tin Sangiovese.
V: Da musicista a vignaiolo, quanto è stato difficile questo passaggio?
SM: Non lo è stato. Come nel jazz, ho improvvisato, ho lavorato molto e mi sono divertito. Poi per avvicinarmi ai vini che avevo in mente ci sono voluti anni.
V: Esistono, secondo te, qualche similitudini tra il mondo della musica e quello del vino?
SM: Non pochi vignaioli sono stati anche musicisti nella vita. Sono chiaramente attività diverse ma la più grande differenza sta nella percezione del tempo, nell'esecuzione musicale non ti puoi fermare a pensare. Per quanto riguarda l'aspetto della creatività, essa trova il suo migliore sviluppo nell'ambito di fondamenta solide e restrizioni. In questo, creare vini nei limiti della "naturalità" e senza ricette è il miglior supporto all'inventività. Nelle sue lezioni sulla poetica musicale Stravinsky auspica limiti perché accrescono la libertà.
V: La tua vita è stata caratterizzata da molte tappe importanti, quale di queste ha modificato la tua visione del mondo del vino?
SM: La prima è legata al periodo in cui ho venduto vino negli USA. Ho avuto l'opportunità di assaggiare molto con delle persone che di vino avevano un'ottima conoscenza (durante questo periodo lavora come agente del distributore Michael Skurnik e assaggiava insieme ad altri colleghi, oggi grandi importatori di Manhattan, Polaner e David Bowler ndr.). La seconda è stata l'incontro con la biodinamica e le persone che la praticavano.
V: Dalle tue parole, si percepisce che per te "fare vino" non sia una scienza esatta, in che modo un vignaiolo può interpretare la natura e trasformarla in vino?
SM: Il primo obbiettivo per me è portare in cantina uva sana, viva e di qualità. Il secondo è capire che vini mi può dare l'uva che ho prodotto e l'annata. Poi realizzarli senza forzature.
V: I tuoi vini sono sempre molto freschi e caratterizzati da una grande bevibilità, quali sono gli accorgimenti che vengono presi per ottenere vini così?
SM: La tempistica della vendemmia è molto importante, voglio evitare le surmaturità. Seguono poi vinificazioni delicate. È importante capire che vini mi può dare l'annata per interpretarla bene.
V: Cemento, legno e anfora, come cambiano i risultati, e soprattutto qual è il tuo contenitore preferito?
SM: Cemento e anfora senz'altro. Il cemento apre i vini e li alleggerisce, l'anfora è un moltiplicatore da usare con cautela. Il legno vorrei usarlo di più, ma non subito. È impegnativo ed al momento ho altri interessi.
V: Spieghiamo una volta per tutte cosa identifica il rospo con la corona.
SM: Il significato è molteplice ma premetto che il rospo nella storia dell'umanità ha raccolto intorno a se molti miti e leggende. Esistono circa 500 specie di rospo (bufo), anfibio più grande d'Europa, che nell'immaginario occidentale ha evocato dal medioevo ad oggi simboli negativi e veniva considerato una potenza nefasta, ma è ricco di miti nel resto del mondo nel quale rappresenta ricchezza, fertilità e sessualità. Vado a braccio: ai Guarani, popolo indigeno del Brasile, ha portato il fuoco, nella favola dei fratelli Grimm si trasforma in principe, la sua pelle secerne bufotenina che può creare un arresto cardiaco (perciò non è predato tranne che da un certo tipo di biscia) ma che è anche una sostanza psicotropica e psichedelica, dunque veniva usato per i riti di magia nera poi nei riti per evocare la pioggia ed infine i Cinesi hanno anticamente visto nella luna un rospo che la divora al momento dell'eclisse…
Detto ciò, quando sono rientrato in azienda nel 1999, c'erano molti rospi in giro segnale che l'ambiente era molto pulito. Mi piacevano la sua storia e la sua forza. Inoltre Il rospo è un animale notturno molto prezioso nella lotta biologica contro i parassiti delle piante coltivate, ha la stessa funzione degli uccelli insettivori distruggendo larve e lumache, chiaramente al banchetto in fiera non posso dire tutto ciò e accorcio molto [sorride]. La corona poi si è aggiunta naturalmente, visto che la Toscana è una terra di famiglie aristocratiche, con l'idea di una leggera ironia per un messaggio di leggerezza. Vini fatti con serietà ma senza prenderci troppo sul serio.
V: Potresti darci qualche notizia sul nuovo progetto che stai per presentare e che vedrà la tua firma, Silvio Messana, su tutti i vini?
SM: Di qualche anno fa l'idea di creare collaborazioni con altri viticoltori con i quali condividere il mio metodo agricolo e supportarli nel loro passaggio ad un'agricoltura migliore. Allo stesso tempo la voglia di soddisfare una profonda curiosità verso il lavorare con uve simili alle mie ma provenienti da territori diversi ed anche uve diverse. Così è nata questa seconda etichetta sotto la sigla Sarf che in arabo significa scambio.
V: Il 2003 è stato l'anno zero. E' stato l'anno in cui hai modificato totalmente il tuo approccio al vino, come è cambiata la percezione dei vini di Montesecondo con i clienti?
SM: Per quanto ho percepito, dal 2003 l'apprezzamento è aumentato ininterrottamente. Mi è stata riconosciuta una crescita costante nella qualità e nella precisione dei vini con una mano sempre riconoscibile. Di questo sono molto fiero.
V: Finiamo con una domanda sul futuro. Vorrei che dessi una tua opinione su quello che sarà il mercato del vino "naturale" negli anni a venire.
SM: Auspico che si parli sempre meno di naturalità dei vini e sempre di più di identità territoriali e di bevibilità, che i vini vengano riconosciuti e ricordati per queste caratteristiche. In questo processo il ruolo dei nostri importatori, distributori, enoteche, ristoranti ma anche consumatori finali avrà un ruolo molto importante nel veicolare un messaggio che si rapporti alle caratteristiche soprammenzionate piuttosto che ad un'etichetta oramai abusata e che ha perso di significato.