Pierre Jancou - Le vin vivant! conoscilo a NWC

Pierre Jancou 

Svizzero, nato a Zurigo e cresciuto da bambino con una famiglia italiana originaria di Modena

Nel 1988, a 18 anni, arriva a Parigi iniziando a fare tantissimi lavori nella ristorazione, tutto quello che si poteva. Nell’ 89 e fino al 91 lavora come barman al “Bain Douches” una discoteca mitica di quell’epoca.

Nel 92 apre il suo primo ristorante “La Bocca” trattoria italiana.

Nel 99 decide di intraprendere la strada della cucina.

soprattutto perché nella sua testa ha sempre pensato che per gestire un ristorante sia fondamentale saper cucinare.

SI iscrive ad un corso di cucina italiana in Emilia. Qui lavora a fianco di Igles Corelli e Massimo Bottura, era il 2000. Durante il suo passaggio in Italia ha modo di scoprire autentiche chicche gastronomiche che a quel tempo non erano presenti a Parigi.

Nel 2001 torna a Parigi e apre in seguito: “La Crémerie”, “Racines”, “Vivant”, “Vivant cave”, “Heimat” e “Achille”.

Pierre Jancou 2

In questo periodo crea il movimento “MorethanOrganichttp://morethanorganic.org/

Pierre è il primo a portare il concetto di neo-bistrot a Parigi. Pochi piatti, materie prime eccelse, informalità nel servizio e nella mise en place, ma soprattutto carte vino solo di vini naturali.

Oggi ha lasciato Parigi e ha aperto un ristorante, il “Café des Alpes” dove propone cucina rurale, senza o quasi ausilio di elettricità e tecnologia.

- V: Visto le tue molteplici iniziative a livello imprenditoriale nel mondo della ristorazione, come riassumeresti i passaggi per creare un'impresa ristorativa di successo basata sul servizio dei vini naturali?

- PJ: Come potrei risponderti.. la mia ricerca a Parigi e stata come un "brocanteur", uno che cerca 

delle chicche, dei posti con una storia, dimenticati o gestiti male e di ridare a questi posti 

uno splendore e un anima.

“La Bocca” era una vecchia boulangerie splendida, la cremerie una latteria del 1880, “Racines” un vecchio 

"imprimeur" dentro un passaggio storico citato da Zola, il passage des panoramas,

Vivant e Vivant 

Cave dentro un uccelleria del 1903 coperta di piastrelle uniche e bellissime,

Heimat era dietro il Palais Royal proprio li dove e morto Molières,

Achille in fine era un vecchio café che ho voluto far rimanere con il carattere dei café dei primi del 900

Per me il luogo è importante, la storia del luogo è importante.

Ho sempre cercato di portare un nuovo stile di ristorazione. La mia idea era quella di portare l’alta cucina di ricerca in un ambiente bistrot.

Il menù scritto in lavagna, l’assenza di tovagliato, però le posate erano sempre di artigianato così come i bicchieri.

La lista vini esclusivamente naturale

Dovete pensare che quando ho iniziato, nessuno dava importanza a queste cose.

Sono stato il primo a portare la Berkel a Parigi, dove tagliavo il culatello e il lardo di Fausto, il guanciale di Berardi, i salumi Fracassi, il caffé di Trinci

Poi c’erano il Parmigiano di Bonati e i pecorini di Gregorio. Per me la ricerca è una cosa fondamentale

Non ho mai avuto soci o investitori, eccetto che per Heimat, sempre da solo, uno dopo l'altro.

L'idea era quella di cercare luoghi bellissimi a basso prezzo, portando la mia filosofia di ristorazione e rilanciando il locale.

Quando il posto era partito e lanciato, allora cercavo altro per creare. La creazione per me è fondamentale, se non riesco a creare qualcosa di nuovo mi annoio.

Per diventare ristoratore, ci vuole tanto lavoro, ci vogliono idee originali, bisogna raccontare una 

storia, essere presenti, rispettare i clienti facendoli sentire come a casa e non per ultimo, scovare talenti sia in cucina che in sala.

- V: Quali sono i compiti di un "oste" al giorno d'oggi?

- PJ: Ti voglio rispondere in due parole; onesto e vero.

- V: Uno dei problemi che spesso hanno i ristoratori in genere è quello di non avere uno staff altamente preparato. Secondo la tua esperienza come è possibile creare una squadra di sala che sia formata e preparata?

- PJ: Lo staff di lavoro ti deve rispettare, e ti rispetta se sei un gran lavoratore prima di tutto. Poi bisogna saper creare passione in un ambiente familiare ma pur sempre di lavoro. Ho sempre cercato di spingere i miei collaboratori ad essere persone migliori e ricche di interesse, ma è fondamentale dare l’esempio.

- V: Ritieni sia importante pensare ad un nuovo linguaggio nel mondo del vino? Potresti indicarci alcuni aggettivi che hai utilizzato durante la tua carriera professionale?

- PJ: Mi piace più il termine vin vivant che vin naturel per esempio.

Mi sembra più chiaro. Nel vino naturale, così come nel vino convenzionale c’è di tutto, buono e cattivo.

Io mi ritengo allievo della scuola Chauvet e Neauport, dunque un linguaggio diverso da quello classico, più libero, dove il linguaggio e gli aggettivi li crei tu cercando dentro di te, usando la tua sensibilità e la tua esperienza.

- V: Vorremo che ci raccontassi come avviene il tuo approccio verso un cliente che è interessato a bere un bicchiere o ad acquistare una bottiglia?

- PJ: Prima di tutto bisogna capire i gusti del cliente; che vini beve, cosa gli piace, cosa vorrebbe? Poi in base a questo proporgli qualcosa  che piace a lui e non solo a, questo è molto importante. Se vuoi far cambiare i gusti ai tuoi clienti bisogna farlo piano piano, con rispetto e cercando di creare un percorso che possa far aprire le persone.

- V: Indicaci un tuo abbinamento che ha riscontro un enorme successo e uno che invece hai sempre pensato ma che non sei mai riuscito a proporre

- PJ: Amo gli abbinamenti originali, non classici. Spaghetti ai ricci di mare con un Serraghia di Bini oppure degli gnocchi fatti in casa con all’amatriciana (guanciale Berardi) e pecorino abbinati ad un vecchio Gamay d’Auvergne di Patrick Bouju.

- V: Ultima domanda, cosa e come si dovrebbe comunicare quando si consiglia un vino?

- PJ: Bisogna fare passare  un messaggio, racconntare la storia del vino, della donna o del uomo che lo fa, come è vinificato, il suo terroir, la sua terra, è tutto una questione d’amore!

Le persone vogliono sognare e il vino li aiuta a viaggiare.

Quello che cerco in un vino è proprio questo, voglio sentire la sua energia

Vorrei aggiungerti alcune mie considerazioni finali.

Per diventare ristoratore bisogna amare gli altri, bisogna amare dare, perché ritengo che non si può ricevere nella vita senza dare.

Un gesto, una parola giusta, un bicchiere di vino.. ci sono tanti modi.

Per chi vuole lavorare nei vini naturali chiaramente è importante conoscere bene gli importatori e assaggiare il più possibile ma è ancora più importante andare a conoscere i vigneron nelle loro terre e nelle loro cantine.

Bisogna lavorare con esperienza e assaggiare tanti vini per potere poi passare un messaggio, raccontare una storia e semplicemente far bene il proprio lavoro.

Il nostro dovere e di far cambiare le cose piano piano ognuno al suo livello.

Il cambiamento c’è, la coscienza per un mondo più giusto, più libero dalla chimica e anche la voglia di mangiare e bere con una tracciabilità. Ma la strada e ancora lunga e avremo ancora tanti anni per cambiare veramente le cose e combattere pacificamente per un mondo più sano.

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Pierre è persona schietta e sincera

Le sue idee di ristorazione sono state lungimiranti e hanno apportato un cambiamento totale nella nuova generazione di ristoratori, all’inizio in Francia e poi in tutto il mondo

Pierre Jancou rappresenta uno dei padri della generazione dei neo-bistrot

Abbiamo voluto darvi l’occasione di conoscerlo, ascoltarlo e apprendere tutti gli ingranaggi che stanno dietro ad un idea di ristorazione

Per farlo dovrete partecipare al prossimo Natural Wine Challenge 2019

Come

Prenotando il tuo biglietto qui => EVENTBRITE

Ci vediamo a Fidenza il 21 Gennaio

A presto Scopritore

 

P.S. Per un consiglio alla lettura....

Pierre jancou libro

 

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